Fiori e Cemento - PERIMETRO
My old photography studio was located on Via dei Tulipani, a quiet residential side street in the Lorenteggio-Giambellino district, in the southwest of Milan. The urban complex, built in the early 1960s, unfolds within a charming triangle of streets named after flowers, evoking images of gardens and lost nature.
Geraniums, Hydrangeas, Primroses, Jasmines, and Tulips intersect and blend together to form a true concrete garden that stretches across the neighborhood. Along its perimeter, construction work on the new M4 metro line is transforming the landscape: plastic barriers mark off the site, covered in colorful graffiti that creates a vibrant corridor between sidewalks, trees, and buildings.
In an old building, tucked among indistinguishable small homes and row houses, two kind-hearted women in their seventies carefully run an old printing workshop — a silent guardian of an almost vanished artisanal craft.
All around are lush plants, towering trees, marble statuettes, brightly colored rooftops, narrow vegetable gardens, satellite dishes, faded shutters, and rusty metal gates: a micro-world suspended between past and present, enclosed within these streets.
The residents — families of long-time Milanese and immigrants from the South, slow-moving grandparents and inquisitive children — shared with me memories of the area before the construction boom of the 1960s and ’70s. Tales of open countryside, thick fog, and profound silence. Life stories that have been repeating for decades on the same streets, in the same buildings, far from the frenzy of contemporary architecture.
Despite the grey concrete and deserted roads, this neighborhood — with its homes and its people — still holds the authentic soul of old Milan. A suburb now absorbed by the urban sprawl, yet still a witness to the swift passage of time.
Geraniums, Hydrangeas, Primroses, Jasmines, and Tulips intersect and blend together to form a true concrete garden that stretches across the neighborhood. Along its perimeter, construction work on the new M4 metro line is transforming the landscape: plastic barriers mark off the site, covered in colorful graffiti that creates a vibrant corridor between sidewalks, trees, and buildings.
In an old building, tucked among indistinguishable small homes and row houses, two kind-hearted women in their seventies carefully run an old printing workshop — a silent guardian of an almost vanished artisanal craft.
All around are lush plants, towering trees, marble statuettes, brightly colored rooftops, narrow vegetable gardens, satellite dishes, faded shutters, and rusty metal gates: a micro-world suspended between past and present, enclosed within these streets.
The residents — families of long-time Milanese and immigrants from the South, slow-moving grandparents and inquisitive children — shared with me memories of the area before the construction boom of the 1960s and ’70s. Tales of open countryside, thick fog, and profound silence. Life stories that have been repeating for decades on the same streets, in the same buildings, far from the frenzy of contemporary architecture.
Despite the grey concrete and deserted roads, this neighborhood — with its homes and its people — still holds the authentic soul of old Milan. A suburb now absorbed by the urban sprawl, yet still a witness to the swift passage of time.
Il mio vecchio studio fotografico si trovava in Via dei Tulipani, una tranquilla traversa residenziale nel quartiere Lorenteggio-Giambellino, a sud-ovest di Milano Il complesso urbano, sorto all’inizio degli anni Sessanta, si sviluppa all’interno di un suggestivo triangolo di vie dai nomi floreali, che evocano immagini di giardini e natura perduta.
Gerani, Ortensie, Primule, Gelsomini e Tulipani si incrociano e si mescolano fino a comporre un vero e proprio giardino di cemento, che si estende su tutto il quartiere. Lungo il perimetro, i lavori della nuova linea metropolitana M4 stanno trasformando il paesaggio: barriere di plastica delimitano il cantiere, coperte da graffiti colorati che disegnano un corridoio vibrante tra marciapiedi, alberi e palazzi.
In un vecchio stabile, tra piccole abitazioni e villette a schiera ormai indistinte, due amabili settantenni gestiscono con cura un antico laboratorio di stampa, custode silenzioso di un sapere artigiano quasi scomparso.
Tutto attorno, piante rigogliose, alberi maestosi, statuette di marmo, tetti dai colori vivaci, orti stretti, antenne paraboliche, tapparelle sbiadite e serrande arrugginite: un micromondo sospeso tra passato e presente, chiuso tra queste vie.
I residenti — famiglie di milanesi storici e immigrati dal Sud, nonni dai gesti lenti e figli pieni di domande — mi hanno raccontato la zona com’era prima del boom edilizio degli anni Sessanta e Settanta.
Ricordi di campagne aperte, nebbie fitte e silenzi profondi. Storie di vita che si ripetono da decenni sulle stesse strade, negli stessi edifici lontani dalla frenesia dell’architettura contemporanea.
Nonostante il grigio del cemento e le strade deserte, questo quartiere — con le sue case e le sue persone — conserva l’anima autentica della Milano di una volta. Una periferia che oggi, inglobata dal corpo urbano della città, resta comunque testimone del tempo che corre veloce.
Gerani, Ortensie, Primule, Gelsomini e Tulipani si incrociano e si mescolano fino a comporre un vero e proprio giardino di cemento, che si estende su tutto il quartiere. Lungo il perimetro, i lavori della nuova linea metropolitana M4 stanno trasformando il paesaggio: barriere di plastica delimitano il cantiere, coperte da graffiti colorati che disegnano un corridoio vibrante tra marciapiedi, alberi e palazzi.
In un vecchio stabile, tra piccole abitazioni e villette a schiera ormai indistinte, due amabili settantenni gestiscono con cura un antico laboratorio di stampa, custode silenzioso di un sapere artigiano quasi scomparso.
Tutto attorno, piante rigogliose, alberi maestosi, statuette di marmo, tetti dai colori vivaci, orti stretti, antenne paraboliche, tapparelle sbiadite e serrande arrugginite: un micromondo sospeso tra passato e presente, chiuso tra queste vie.
I residenti — famiglie di milanesi storici e immigrati dal Sud, nonni dai gesti lenti e figli pieni di domande — mi hanno raccontato la zona com’era prima del boom edilizio degli anni Sessanta e Settanta.
Ricordi di campagne aperte, nebbie fitte e silenzi profondi. Storie di vita che si ripetono da decenni sulle stesse strade, negli stessi edifici lontani dalla frenesia dell’architettura contemporanea.
Nonostante il grigio del cemento e le strade deserte, questo quartiere — con le sue case e le sue persone — conserva l’anima autentica della Milano di una volta. Una periferia che oggi, inglobata dal corpo urbano della città, resta comunque testimone del tempo che corre veloce.











